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Il caso De Magistris

Giustizia costituzionale

1. c.d. Legge Severino. Ratio. Preservazione della P.A. dalla presenza di soggetti moralmente indegni. Reato. Presunzione assoluta di inidoneità. Bilanciamento tra imparzialità della P.A. e diritto costituzionalmente garantito dell'eletto. Non sussiste. Applicazione della sanzione. Automatica. Remissione degli effetti a seguito di riabilitazione in sede penale. Natura sanzionatoria. Sussiste. 2. (segue): sospensione dalla carica conseguente a fatto storico anteriore alla elezione. Anteriorità del provvedimento giudiziario che ha dato rilevanza al fatto storico. Retroattività della norma. Sussiste. Applicazione retroattiva di norma sanzionatoria anche di natura non penale. Incompatibilità con l'art. 25 Cost. Sussiste. Riserva di legge per la predeterminazione dei requisiti di accesso alle cariche elettive ex art. 51 Cost. sottostà al principio di non retroattività della legge. 3. (segue): mancato bilanciamento tra salvaguardia della moralità della P.A. e pieno esercizio del diritto di elettorato passivo. QLC non manifestamente infondata.
T.A.R. Campania Napoli, Sez. 1, Ordinanza Sospensiva 30 ottobre 2014, ord. n. 01801

Principio

1. c.d. Legge Severino. Ratio. Preservazione della P.A. dalla presenza di soggetti moralmente indegni. Reato. Presunzione assoluta di inidoneità. Bilanciamento tra imparzialità della P.A. e diritto costituzionalmente garantito dell'eletto. Non sussiste. Applicazione della sanzione. Automatica. Remissione degli effetti a seguito di riabilitazione in sede penale. Natura sanzionatoria. Sussiste.
1.1. La ratio legis dell'art. 11 del d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 va individuata nell’esigenza, fortemente sentita, di preservare, anche cautelativamente, l’amministrazione pubblica, ai vari livelli considerati, dalla presenza e partecipazione di chi si sia reso moralmente indegno (Corte Costituzionale 29 ottobre 1992 n. 407), sebbene ciò avvenga - non può negarsi - in base ad una presunzione assoluta di inidoneità, in ragione del solo titolo del reato, senza alcuna valutazione del fatto concreto giudicato, nemmeno dal punto di vista dell’esame delle considerazioni poste dal giudice penale a fondamento della condanna; scelta che, in verità, non consentirebbe di assolvere la soluzione legislativa adottata da dubbi di legittimità costituzionale, avuto riguardo all’omessa ricerca di un punto di equilibrio sia rispetto al diritto di elettorato, attivo e passivo, sia rispetto all’esigenza concreta ed effettiva di allontanare chi sia “moralmente indegno”.
1.2. L’esigenza di immunizzare l’amministrazione pubblica al fine di preservarne l’imparzialità attraverso istituiti quali l’incandidabilità, la sospensione o la decadenza da cariche, reca in sé l’immanenza di un conflitto, imponendo il sacrificio del diritto di chi a quella carica aspira o ne è stato investito. Tuttavia, se attraverso l’automatica operatività della causa limitativa il legislatore ha, di fatto, inteso azzerare il confronto procedimentale, non può spingersi la sua discrezionalità fino al punto di negare natura di vera e propria sanzione ad istituti tanto incisivi sull’esercizio di un diritto costituzionale, quale quello di accesso alle cariche pubbliche di cui all’art. 51 della Carta.
1.3. Che le misure previste dall'art. 11 del d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 abbiano natura afflittiva è aspetto che non ha ignorato nemmeno il legislatore delegato che nell’art. 15, secondo comma, nel prevedere l’autonomia degli effetti dell’incandidabilità rispetto all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, mostra di averne assimilato l’identità quoad effectum ed ancora nel comma successivo in cui ne ammette l’estinzione a seguito di riabilitazione in sede penale, come remissione degli effetti di un regime indiscutibilmente sanzionatorio.

2. (segue): sospensione dalla carica conseguente a fatto storico anteriore alla elezione. Anteriorità del provvedimento giudiziario che ha dato rilevanza al fatto storico. Retroattività della norma. Sussiste. Applicazione retroattiva di norma sanzionatoria anche di natura non penale. Incompatibilità con l'art. 25 Cost. Sussiste. Riserva di legge per la predeterminazione dei requisiti di accesso alle cariche elettive ex art. 51 Cost. sottostà al principio di non retroattività della legge.  
2.1. In disparte la possibilità per il legislatore di dare giuridica rilevanza a fini sanzionatori a fatti accaduti in un tempo anteriore rispetto all’entrata in vigore della legge che li qualifica, è certo che la sospensione di un amministratore da una carica per un fatto storicamente anteriore rispetto alla sua elezione, così come anteriore ne è il provvedimento giudiziario che a questo dà a tal fine rilevanza, costituisce, oggettivamente, applicazione retroattiva di una norma di natura sanzionatoria.
2.2. L’applicazione retroattiva di una norma sanzionatoria, anche di natura non penale ai sensi dell’art. 25, secondo comma della Costituzione, urta con la pienezza ed il regime rafforzato di diritti costituzionalmente garantiti, tutte le volte in cui la Carta rimette alla disciplina legislativa il regime ordinario di esercizio di quel diritto; pertanto, ove vi sia riserva di legge per la disciplina di diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta, assumono rango costituzionale anche i principi generali che disciplinano la fonte di produzione normativa primaria; di conseguenza, essendo il divieto di retroattività di cui all’art. 11 delle Disposizioni sulla Legge in Generale, uno dei principi su cui si fonda l’efficacia della legge nel tempo, la sua violazione è anche violazione del diritto che la Costituzione espressamente la chiama a disciplinare e proteggere.
2.3. L’art. 51 della Costituzione affida alla legge l’individuazione dei requisiti per l’accesso alle cariche pubbliche, nonché la disciplina positiva per l’esercizio del diritto di elettorato passivo; l'art. 51 consente tuttavia al legislatore ordinario di operare nell'ambito dei limiti fisiologici entro i quali alla legge stessa è consentito operare, cioè non retroattivamente. La forza di tale assunto s’intensifica, tenuto conto della natura sanzionatoria delle cause ostative di cui al d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235 - tra cui figura la sospensione dalla carica applicata al ricorrente - attesa l’inderogabilità assoluta del principio di irretroattività nell’ambito di istituti e regimi in buona parte assimilabili alle sanzioni penali.

3. (segue): mancato bilanciamento tra salvaguardia della moralità della P.A. e pieno esercizio del diritto di elettorato passivo. QLC non manifestamente infondata.
3.1. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa all'rt. 11, primo comma, lettera a) del d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235, in relazione all’art.10, primo comma lettera c) del medesimo decreto legislativo perché la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto con gli artt. 2, 4, secondo comma, 51, primo comma e 97, secondo comma della Costituzione.
3.2. Il dubbio di compatibilità costituzionale concerne la sussistenza di un eccessivo sbilanciamento in favore della previsione normativa di tale misura cautelativa di salvaguardia della moralità dell’amministrazione pubblica rispetto all’ampio favor da riconoscersi alle facoltà di pieno esercizio del diritto soggettivo di elettorato passivo di cui all’art. 51, primo comma della Costituzione, da ritenersi inviolabile ai sensi dell’art. 2 della Carta, nonché posto a fondamento del funzionamento delle istituzioni democratiche repubblicane, secondo quanto previsto dall’art. 97, secondo comma, ed infine espressione del dovere di svolgimento di una funzione sociale che sia stata frutto di una libera scelta del cittadino, ai sensi dell’art. 4, secondo comma, Cost.

T.A.R. Campania Napoli, Sez. 1, 30 ottobre 2014, ord. n. 01801
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