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Condono edilizio

Urbanistica e edilizia

Sui limiti entro cui una tettoia può ritenersi un manufatto pertinenziale ai fini del calcolo dell'oblazione. Sulla determinazione dei maggiori oneri concessori dovuti a seguito di condono ex legge n. 47/1985 in base alla destinazione di zona dell’ambito urbanistico racchiudente l’immobile interessato dal condono
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 19 luglio 2013, n. 03939

Principio

1. Limiti entro cui una tettoia può ritenersi un manufatto pertinenziale ai fini del calcolo dell'oblazione.
Quando una tettoia sia di consistenza oggettivamente notevole, e quindi tale ex se da alterare in modo significativo l'assetto del territorio, essa, quand’anche si trovi in rapporto con altro bene (c.d. principale), e sia in potenza facilmente smontabile, si sottrae per ciò stesso ad una definizione in termini di pertinenza, e reclama invece il rilascio di un apposito e adeguato titolo concessorio (Sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3379; 29 aprile 2011, n. 2549; Sez. II, parere 5 febbraio 1997, n. 336; Sez. V, 9 settembre 1982, n. 666). Ne consegue che in tale ipotesi, ai fini del condono edilizio, la tettoia non può ricondursi nella tipologia n. 7 della tabella allegata alla legge n. 47 del 1985 (opere non valutabili in termini di superficie o volume) e non può pertanto essere assoggettata per l’oblazione ad un importo forfetario; né può ritenersi immune da oneri concessori, soggiacendo invece regime ordinario di cui alla tipologia n. 1 della tabella allegata alla legge n. 47/1985.

2. Sulla determinazione dei maggiori oneri concessori dovuti a seguito di condono ex legge n. 47/1985 in base alla destinazione di zona dell’ambito urbanistico racchiudente l’immobile interessato dal condono.
2.1. L’art. 5, comma 1, lett. c), della legge n. 10 del 1977, nel porre le basi della disciplina generale degli oneri di urbanizzazione, stabilisce che le relative tabelle parametriche regionali devono essere commisurate “alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti”. Con specifico riguardo al condono edilizio l’art. 37 della legge statale n. 47 del 1985, dopo avere puntualizzato che il versamento dell’oblazione non esime dalla corresponsione del contributo previsto dall’art. 3 della legge n. 10 del 1977 per il rilascio della concessione, ammetteva già allora la possibilità per le Regioni di modificare, ai fini della sanatoria, le norme di attuazione della legge medesima, commisurando il contributo di concessione, tra l’altro, alla destinazione d’uso della singola costruzione, con il limite che la nuova misura non fosse inferiore al 50 % dell’ammontare che sarebbe scaturito dalle disposizioni già vigenti. In proposito poi è intervenuta, sempre a livello nazionale, l’analoga previsione dell’art. 39, comma 13, della legge n. 724 del 1994, come integrato dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662. La norma, peraltro, si è limitata a stabilire, giusta quanto già previsto dall’art. 37 della legge n. 47/1985, che le Regioni possano modificare le loro norme di attuazione della legge n. 10 del 1977, e commisurare senz’altro il contributo di concessione alla destinazione d’uso delle costruzioni: ciò, però, entro il termine perentorio di 90 giorni, decorsi i quali si applicano le norme già vigenti.
2.2. Allorquando il legislatore regionale non si sia avvalso della specifica previsione di cui all'art. 37 legge n. 47/1985, commisurando, ai fini della sanatoria, il contributo di concessione alla destinazione d'uso della singola costruzione da condonare, detto contributo deve essere calibrato sulla considerazione delle singole destinazioni di zona.
2.3. Anche nelle ipotesi di non coincidenza tra la destinazione propria del singolo intervento abusivo e quella, invece, della zona in cui lo stesso è stato realizzato, resta il fatto che il fabbricato abusivo deve pur sempre fare i conti con lo stato di urbanizzazione della zona nella quale è stato (per libera scelta) edificato: è quindi pienamente ragionevole che il sacrificio richiesto all’interessato sia parametrato ai costi di urbanizzazione della zona medesima. Correlativamente, è logico che una medesima opera, ancorché abusiva, sia chiamata a contribuire in modo diverso a seconda della zona in cui ricade, differente essendo la dotazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria delle varie zone.

3. Elementi da considerare per determinare gli oneri di urbanizzazione in aggiunta alle destinazione di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti.
3.1. La norma sancita dall’art. 5, co.1, lett. c), l. n. 10 del 28 gennaio 1977 – confluita successivamente nell’art. 16, co. 4, lett.c), t.u. edilizia (d.lgs. n. 380 del 6 giugno 2001) – nell’individuare gli elementi che l’amministrazione comunale deve prendere in considerazione per determinare gli oneri di urbanizzazione, inter alios, si riferisce "alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti" (Cons. St., Sez. V, 26 marzo 2009, n. 1804). Non è pertanto consentito scorporare il criterio di quantificazione degli oneri di urbanizzazione dalla effettiva zonizzazione prevista dallo strumento urbanistico generale (cfr. Cons. giust. Amm., 2 marzo 2007, n. 64; Cons. St., sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6564, che ha ritenuto illegittima una quantificazione degli oneri che applichi le tariffe relative alle zone di completamento anche a quelle di espansione attesa la sostanziale diversità dei costi urbanistici afferenti le due distinte zone). 
3.2. Solo in via sussidiaria, e comunque per il perseguimento di preminenti interessi pubblici, può ammettersi che l’ente locale possa valorizzare ulteriori parametri per la determinazione degli oneri di urbanizzazione, fermo restando il loro aggancio con il carico urbanistico individuabile per la relativa zona (cfr. Cons. St., sez. IV, 31 dicembre 2007, n. 6834, che ha ritenuto tale l’esigenza di favorire interventi di recupero edilizio in centro storico).

Cons. St., Sez. 5, 19 luglio 2013, n. 03939
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