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Astreinte

Giustizia amministrativa

1. Giudizio di ottemperanza. Astreinte. Natura. Sanzione. Condotte rilevanti. 2. (segue): Presupposti. Inadempimento dell'Amministrazione. Requisito soggettivo ex art. 3 l. 689/1981. Individuazione del termine di decorrenza della sanzione. Termine dilatorio ex art. 14 d.l. n. 669/1996. Richiesta di parte. Occorre. 3. (seugue): individuazione del termine finale. Carenza del potere di dare esecuzione alla sentenza. Insediamento del Commissario ad acta. Onere probatorio a carico dell'Amministrazione. 4. (segue): quantificazione della penalità di mora. Criteri.
T.A.R. Trentino Trento, Sez. 1, Sentenza 29 settembre 2014, n. 00331

Principio

1. Giudizio di ottemperanza. Astreinte. Natura. Sanzione. Condotte rilevanti.
1.1 L'art. 114 c.p.a., nell’ambito del giudizio di ottemperanza, ha introdotto una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, inquadrabile nell'ambito delle pene private o delle sanzioni civili indirette, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all’obbligazione sancita a suo carico dall'ordine del giudice: la comminatoria delle penalità di mora, è perciò compatibile con tutte le decisioni di condanna di cui all'art. 113 c.p.a., comprese quelle, aventi a oggetto prestazioni di natura pecuniaria, trattandosi appunto di una sanzione e non di un ulteriore indennizzo, oppure genericamente di un frutto civile.
1.2. Nell'interpretare l'art. 114, IV comma, lett. e), c.p.a., al fine di individuare le condotte rilevanti ai fini dell'applicazione della penalità di mora o astreinte,  la locuzione “ogni violazione o inosservanza successiva… del giudicato” va riferita al caso in cui la parte resistente violi il divieto di non emettere determinati provvedimenti ovvero il divieto di non compiere determinate operazioni contenute nella sentenza o nel provvedimento giurisdizionale equivalente. Viceversa, il riferimento a “ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato” riguarda evidentemente le decisioni che impongono alla stessa parte resistente un comportamento positivo, come, appunto, il pagamento della somma di denaro dovuta per effetto di una sentenza di condanna.

2. (segue): Presupposti. Inadempimento dell'Amministrazione. Requisito soggettivo ex art. 3 l. 689/1981. Individuazione del termine di decorrenza della sanzione. Termine dilatorio ex art. 14 d.l. n. 669/1996. Istanza di parte. Occorre.
2.1. Nel giudizio di ottemperanza, al fine di individuare il termine dal quale inizia a decorrere effettivamente l'inadempimento dell'Amministrazione rilevante ai fini dell'irrogazione della penalità di mora o astreinte, occorre tenere a mente che ex art. 14, comma 1, del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 conv. in legge 28 febbraio 1997, n. 30, le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici dispongono di un termine di centoventi giorni per eseguire i provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di danaro, termine decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima che tale termine scada, il creditore non può procedere a esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto: e ciò comporta, evidentemente, che non si può dare “ritardo nell’esecuzione del giudicato” (ex art. 114, IV comma, lett. e), c.p.a., anche ai fini dell’astreinte, se non dopo la notificazione del titolo e il compimento dell’intervallo appena indicato.
2.2. Affinché possa essere inflitta la sanzione della astreinte ai sensi dell'art. 114, comma 4 lett. e) c.p.a. è necessario che la stessa venga espressamente richiesta dalla parte interessata con il ricorso per ottemperanza ovvero anche con un atto successivo dello stesso giudizio. Pertanto, è solo con la domanda della parte ricorrente che l’astreinte diviene concretamente applicabile al caso concreto e, quindi, solo da quel momento, il comportamento inadempiente dell’Amministrazione acquisterà quella consapevolezza, la quale costituisce l’elemento soggettivo, almeno colposo, richiesto per l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell'art. 3 legge n. 689/1981.
2.3. L’astreinte non è un indennizzo ma una sanzione, e solo il ricorso per ottemperanza esprime univocamente tanto la convinzione della parte interessata che la sentenza non sia stata osservata, quanto la volontà di ottenerne l’esecuzione e il suo specifico oggetto.
2.4. L’astreinte decorre dalla notificazione del ricorso per ottemperanza – o dall’atto successivo che ne contiene la domanda – e non da quello precedente in cui l’obbligo di ottemperare è sorto. In questo modo diviene irrilevante la condotta di quella parte creditrice, la quale frapponesse un immotivato indugio nell’attivazione dei rimedi processuali per l’attuazione del giudicato, richiedendo poi nel ricorso per ottemperanza la corresponsione di una penalità di mora decorrente da una remota data antecedente.

3. (seugue): individuazione del termine finale. Carenza del potere di dare esecuzione alla sentenza. Insediamento del Commissario ad acta. Onere probatorio a carico dell'Amministrazione.
3.1. Al fine di individuare il termine finale dell'irrogazione della sanzione dell'astreinte, occorre fare riferimento – in applicazione dei comuni principi in materia di responsabilità – al momento in cui l’Amministrazione non dispone più del potere di eseguire la sentenza per cui è stato proposto il giudizio di ottemperanza e, quindi, quando detto potere viene effettivamente trasferito al commissario ad acta.  Questo perché, anche se la Pubblica amministrazione rimane titolare del potere di provvedere anche tardivamente dopo la scadenza del termine fissato dal giudice nella sentenza di ottemperanza, all'atto d'insediamento del commissario ad acta ovvero con la redazione del verbale d'immissione del commissario nelle funzioni amministrative e con la sua presa di contatto con l'Amministrazione si verifica un definitivo trasferimento dei poteri, rimanendo precluso all'Amministrazione ogni margine di ulteriore intervento, con conseguente nullità degli atti da essa compiuti oltre le suddette date (cfr. C.d.S. V, 16 aprile 2014, n. 1975; ex multis, id. 27 marzo 2013, n. 1768; IV, 10 maggio 2011, n. 2764; V, 21 maggio 2010, n. 3214).
3.2. Affinché cessi l’obbligo per l’Amministrazione di corrispondere la penalità di mora non è sufficiente che sia trascorso il termine assegnato dal giudice per ottemperare alla sentenza o che il commissario ad acta sia stato richiesto della sua funzione: bisogna, invece, che lo stesso commissario abbia almeno consapevolmente intrapreso il procedimento per l’individuazione delle risorse necessarie al pagamento della somma spettante al ricorrente, dopo averne determinato l’importo attuale, e ne abbia data comunicazione all’Amministrazione debitrice, che, da quel momento – di cui dovrà offrire la prova – non sarà più sottoposta all’astreinte.

4. (segue): quantificazione della penalità di mora. Criteri.
In ordine alla quantificazione dell'ammontare dell'astreinte, al fine di garantire una sostanziale omogeneità di trattamento dei diversi casi che possono presentarsi in materia di penalità di mora, potendovi essere certo grado di analogia nei presupposti di diritto, ma variando, anche cospicuamente, l'entità delle somme dovute, si ritiene che l’astreinte debba essere calcolata in una percentuale degli importi, stabiliti nella sentenza di merito della cui esecuzione si tratta, e composti dal capitale e dalle spese di lite rifuse, escludendo però, per correttezza, tutti gli interessi comunque maturati, i.v.a., c.p.a. e altri contributi. Tale percentuale deve essere rinvenuta nel parametro individuato dalla Corte EDU, sia pure per gli interessi moratori sulle somme liquidate dalla stessa Corte per il danno morale derivante dall’eccessiva durata dei giudizi e, cioè, si applicherà per ciascun giorno di ritardo e su base annua, il tasso d’interesse per le operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, maggiorato di tre punti percentuali, nella misura vigente quando è stata notificata la domanda di astreinte.

T.A.R. Trentino Trento, Sez. 1, 29 settembre 2014, n. 00331
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