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Abusi edilizi

Urbanistica e edilizia

Irrilevanza del tempo trascorso dalla commissione dell'abuso edilizio al fine di valutare l'interesse pubblico sotteso alla demolizione di esso. Caratteristiche delle opere riconducibili alla nozione di vano tecnico. L'aumento di unità immobiliari mediante tramezzi in muratura concreta un intervento riconducibile nella nozione di ristrutturazione edilizia. Presupposti necessari perché, in luogo dell'ordine di demolizione di costruzione abusiva, sia irrogata la sanzione pecuniaria
T.A.R. Lazio Roma, Sez. 1Q, Sentenza 27 maggio 2013, n. 05277

Principio

1. Irrilevanza del tempo trascorso dalla commissione dell'abuso edilizio al fine di valutare l'interesse pubblico sotteso alla demolizione di esso.
1.1. Il decorso del tempo non spiega alcuna efficacia sanante nei confronti dell’abuso edilizio, che ha carattere permanente e può essere perseguito senza limiti di tempo (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 4403 del 2001; id. sez. VI, n. 2781 del 2011; contra Cons. Stato, sez. IV, n. 2266/2011 secondo cui, in presenza di abusi di minore gravità, l’amministrazione avrebbe l’onere di valutare e motivare circa la sussistenza di un preminente interesse pubblico alla demolizione, ponendolo a confronto con l’affidamento maturato in capo ai consociati).
1.2. Il principio di tutela dell’affidamento, operante anche a livello del diritto dell’Unione, ha certo fondamento costituzionale nell’esigenza di proteggere la sicurezza giuridica dei rapporti maturati in base alla legge, ed è, in tali limiti, un “elemento fondamentale dello Stato di diritto” (Corte cost. sent. n. 271 del 2011; id. n. 15 del 2012 e n. 78 del 2012). Esso affonda dunque le radici non già nel consolidamento di uno stato di fatto contrario al diritto, ma nella costituzione di una posizione giuridica di favore tutelata dall’ordinamento, la cui vanificazione è tollerabile solo in presenza di prevalenti interessi costituzionali. Sotto tale profilo, l’affidamento può nascere dalla legge, o comunque radicarsi in ragione dell’azione amministrativa svolta in base alla legge (Corte cost. sent. n. 236 del 2009). Nessuno di simili presupposti sussiste, con riferimento ad uno stato di fatto imposto tramite il compimento di un illecito consistente nella realizzazione di un manufatto abusivo.
1.3. L’inerzia dell’amministrazione nel perseguire l’abuso non equivale a tolleranza, atteso il dovere degli uffici competenti di attivarsi ove ravvisino l’illecito, ma potrebbe, ove ciò fosse previsto dalla legge, comportare il mero decorso di un termine prescrizionale. Al contrario, il legislatore non ha inteso introdurre un simile termine, in assenza del quale si espande il principio generale secondo cui il potere amministrativo non si consuma per effetto del tempo. 
1.4. A fronte di un illecito permanente non vi sono interessi pubblici ulteriori rispetto al ripristino della legalità da apprezzare da parte dell’amministrazione: compito di quest’ultima è invece di ricondurre in pristino lo stato dei luoghi, rimuovendo l’illegale alterazione dell’assetto urbanistico del territorio.

2. Caratteristiche delle opere riconducibili alla nozione di vano tecnico.
Per aversi vano tecnico, è necessario che esso sia strumentale all’utilizzo di impianti (da ultimo, Tar Toscana, n. 5087 del 2011); non costituisce vano tecnico una galleria di collegamento avente significative dimensioni.

3. L'aumento di unità immobiliari mediante tramezzi in muratura concreta un intervento riconducibile nella nozione di ristrutturazione edilizia.
Mediante il tramezzo in muratura, che ha aumentato il numero delle unità immobiliari, si è opera una evidente ristrutturazione edilizia, così ricadendo nel disposto dell’art. 10 del T.U. dell’edilizia. 

4. Presupposti necessari perché, in luogo dell'ordine di demolizione di costruzione abusiva, sia irrogata la sanzione pecuniaria. 
4.1. Il privato sanzionato con l'ordine di demolizione per la costruzione di un'opera edilizia abusiva, non può invocare l'applicazione a suo favore dell' art. 12 comma 2, della l. n. 47/1985 (oggi: art. 34, comma 2, d.P.R. n. 380/2001), che comporta l'applicazione della sola sanzione pecuniaria nel caso in cui l'ingiunta demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, se non fornisce seria ed idonea dimostrazione del pregiudizio stesso sulla struttura e sull'utilizzazione del bene residuo, a nulla valendo che la demolizione implicherebbe una notevole spesa e potrebbe incidere sulla funzionalità del manufatto, perché per impedire l'applicazione della sanzione demolitoria occorre un effettivo pregiudizio alla restante parte dell'edificio, consistente in una menomazione della intera stabilità del manufatto (così Cons. Stato, sez. V, sent. n. 4982/2011).
4.2. L’abuso edilizio viene sanzionato dalla legge attraverso una misura uguale e contraria, che è finalizzata a ripristinare la legalità violata, sicché la demolizione costituisce il contenuto che, in via ordinaria, è tenuto ad assumere l’atto repressivo dell’illecito. L’applicazione della sanzione pecuniaria ha carattere del tutto residuale (in termini, Cons. Stato, sez. VI, n. 1793/2012), e viene innescata non già da una verifica tecnica di cui la parte pubblica non può venire ragionevolmente gravata, ma da un’istanza presentata a tal fine dalla parte privata ad essa interessata. L’amministrazione è tenuta al solo accertamento che l’opera sia abusiva, posto che ulteriori adempimenti, relativi all’eseguibilità dell’ordine “senza pregiudizio per la parte conforme”, richiederebbero sopralluoghi ed accertamenti incompatibili con il breve termine di 45 giorni concesso dalla legge ai fini della sospensione dei lavori in corso (art. 27, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001). Si tratterebbe, perciò, di un esito contrario al principio di buon andamento dell’azione amministrativa, entro il quale la giurisprudenza costituzionale colloca l’esigenza che essa sia strutturata normativamente in termini tali, da assicurare il soddisfacimento degli interessi pubblici cui è preposta: “difatti, sarebbe irragionevole trascurare che, per quanto efficacemente organizzata, non sempre la pubblica amministrazione può disporre di mezzi tali da consentirle di controllare tempestivamente l’intreccio delle numerose e varie iniziative private soggette a controllo” (Corte cost. n. 188 del 2012). Ne segue l’impercorribilità di un processo interpretativo che oneri la parte pubblica di verifiche tecniche, anche complesse, in una fase anteriore all’emissione dell’ordine di demolizione, a rischio di compromettere gli effetti della ordinanza sospensiva dei lavori, e dunque di tollerare una ulteriore compromissione dell’assetto urbanistico-edilizio. Del resto, è proprio la parte privata, autrice dell’opera e del progetto, ad essere a conoscenza di come esso è stato eseguito, e di quali danni potrebbero prodursi, a seguito di demolizione, in pregiudizio della parte conforme. Si deve perciò ritenere che l’ordine di demolizione vada adottato anche in assenza di una verifica di tale profilo, la cui rilevanza va invece segnalata, e comprovata, dalla parte che vi abbia interesse durante la fase esecutiva. A tale principio va dunque ascritto il prevalente, per quanto non univoco, orientamento giurisprudenziale, che colloca in detta fase l’accertamento della ineseguibilità dell’ordine di demolizione (da ultimo, Tar Napoli, n. 2635 del 2012; Tar Toscana, n. 946 del 2012; Tar Puglia, n. 270 del 2011;Tar Valle d’Aosta, n. 23 del 2009).
4.3. A fronte di un ordine di demolire, il privato, entro il termine concessogli ai sensi degli artt. 33 e 34 del d.P.R. n. 380 del 2001, ben può rappresentare all’amministrazione procedente l’impossibilità tecnica ad eseguire quanto prescritto, purché congruamente comprovata. In tal caso, è obbligo dell’ufficio tecnico comunale attivarsi per le verifiche del caso, con la conseguenza che, nelle more, il termine non può decorrere e la demolizione d’ufficio è preclusa. Ove emerga la dedotta impossibilità, la legge fa divieto di procedere alla demolizione d’ufficio, sicché sarà cura del Comune adottare l’atto applicativo della sanzione pecuniaria alternativamente prevista, con tacita revoca dell’ordine demolitorio, se del caso assumendo a questo punto il parere prescritto dall’art. 33, comma 4, del T.U. dell’edilizia.

T.A.R. Lazio Roma, Sez. 1Q, 27 maggio 2013, n. 05277
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